Archivio per gennaio, 2011

Il logo del Prodotto dell'anno

Il logo del Prodotto dell'anno

A volte, ascoltando distrattamente la pubblicità in televisione (ad esempio perché il telecomando è sul tavolino e la pigrizia mi impedisce di allungare un braccio…) mi capita di sentire, al termine di uno spot, la dicitura “Eletto prodotto dell’anno XXXX”.

Ora, visto che l’espressione è al singolare e che non c’è alcuna specificazione, ho sempre immaginato che ci fosse una giuria che, una volta all’anno, elegge un singolo prodotto nominandolo “prodotto migliore o più rappresentativo dell’anno”. Ovviamente, non essendo spiegati i parametri in base a cui vengono valutati i prodotti, è difficile dire se ciò sia vero o meno, ma non è questo il punto. L’altra sera, pochi secondi dopo aver visto in uno spot decantare un oggetto come “prodotto dell’anno 2011”, è stata mostrata un’altra pubblicità in cui un altro oggetto veniva presentato come il “prodotto dell’anno 2011”!

Cominciamo col dire che proclamare il prodotto dell’anno 2011 quando siamo solo a gennaio mi sembra un tantino prematuro, magari sarebbe il momento di eleggere quello del 2010, visto che l’anno si è appena concluso e si può quindi fare una valutazione sull’intero periodo. Ma a parte questo, come possono due prodotti diversi essere entrambi il prodotto dell’anno 2011?!? E’ molto semplice: “Eletto prodotto dell’anno” è in realtà un marchio che identifica un riconoscimento che viene assegnato a diversi prodotti ogni anno, in cambio di un pagamento di 20.000 euro da parte delle aziende vincitrici (secondo la seguente equa suddivisione: 4.000 euro per i costi del sondaggio, 16.000 euro per l’utilizzo del logo “Eletto prodotto dell’anno”!!).

La cosa curiosa è che le categorie sembrano cambiare ogni anno e inoltre sono talmente specifiche che praticamente non c’è alcuna competizione (nel 2009 troviamo le categorie “farmacia domestica uso esterno” e “farmacia domestica uso orale”, nel 2008 “creme viso donna” e “creme viso donna parafarmacia”…). Se poi andiamo a moltiplicare i 20.000 per il numero di categorie (cioè di vincitori), ci rendiamo immediatamente conto di come alla fine il vero prodotto dell’anno, anzi del decennio, sia l’invenzione di questo riconoscimento!

Una rosa

Una rosa

Ieri, per una serie incredibile di coincidenze, mi è capitato di parlare al telefono con una mia compagna di classe delle medie, che non sentivo più da molti anni. La telefonata è durata molto poco, ma è stata veramente surreale, come solo la vita sa esserlo.

Non mi riusciva in alcun modo di ravvisare in quella voce la benché minima traccia della ragazzina che avevo conosciuto, all’altro capo del filo (si fa per dire, visto che eravamo al cellulare) c’era una donna che io non conoscevo, di cui conservavo soltanto il nome e il ricordo sbiadito di una foto di classe.

E’ davvero solo questo che lasciamo dietro di noi? Un nome? Aveva ragione allora Umberto Eco, quando in testa al suo libro più famoso riportava la citazione latina: stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus (la rosa, che [prima] esisteva, [ora] esiste solo nel nome, noi possediamo soltanto nudi nomi).

Alta pressione a gogo!

Alta pressione a gogo!

A Firenze abbiamo avuto un weekend quasi primaverile: il cielo azzurro, la temperatura mite, un fine settimana come non se ne vedevano da un bel po’, dopo un 2010 che ci ha flagellato con le sue interminabili piogge.

Stranamente, questa piccola tregua ai rigori dell’inverno mi ha portato un po’ di malinconia: forse per la consapevolezza della sua fugacità, forse perché, anticipando la bella stagione, è come uno sguardo gettato sul futuro, che al tempo stesso richiama alla mente l’alternarsi delle stagioni e manda inevitabilmente indietro l’orologio della memoria.

Un solo raggio di sole, più della roboante confusione del Capodanno, mi ha portato a riflettere sul fatto che è trascorso un altro anno, a pensare alle tante cose che sono cambiate in questo periodo e ai prossimi grandi cambiamenti che mi aspettano. La nostalgia si mescola alla speranza, la speranza alle mie solite, mille ansie.

E tutto questo solo per un paio di giorni di bel tempo: non c’è che dire, sono proprio meteoropatico!

In crisi

Pubblicato: 14 gennaio 2011 in Piccoli e grandi problemi della vita
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Crisis

Crisi: un'immagine è più eloquente di tante parole...

C’è la crisi, c’è la crisi. Lo si sente dire dappertutto, la televisione lo ripete ogni giorno, quindi sarà vero. Eppure la percezione generale è che non ci sia stato un grosso cambiamento negli ultimi anni, che tutto sommato le cose procedano come prima: i ristoranti sono pieni, i centri commerciali sono presi d’assalto ogni fine settimana e i nostri amici hanno sempre l’ultimo modello di cellulare.

Allora dov’è questa crisi? O meglio ancora, cos’è questa crisi? Se provi a fartelo spiegare ti parlano di mutui subprime, di tassi di interesse, di economie emergenti. Alla fine della spiegazione, a meno che tu non sia un nobel per l’economia, ne sai quanto prima (e ti punge il sospetto che anche quelli che cercano di spiegartelo brancolino nel buio come te, nonostante il grande sfoggio di termini tecnici).

L’economia e la crisi sono concetti volatili, impalpabili: se crolla un palazzo, se cede una diga sei subito in grado di valutare l’entità della tragedia, puoi vedere le macerie fumanti, l’acqua che si riversa nella vallata. Ma la crisi economica non la puoi vedere, non la puoi toccare e per questo spesso non riesci a comprenderla.

Ma poi un giorno passando per una via consueta vedi una serranda abbassata, vedi il volto tirato di un amico, vedi una crepa sulla facciata di un edificio. E allora tutti quei complicatissimi concetti che hanno cercato invano di spiegarti vengono spazzati via in un istante: capisci che quella serranda, quel volto, quella crepa sono la crisi. E improvvisamente non è più una cosa distante e complicata di cui parla il telegiornale, ma è qualcosa che è lì, nella tua vita quotidiana, subdolamente.

Un venditore di almanacchi

Un venditore di almanacchi

La notte di San Silvestro rinnoviamo un antico rito di passaggio: come il dio Giano bifronte, da un lato volgiamo lo sguardo verso l’anno vecchio che si conclude, facendo inevitabilmente un bilancio di quello che di buono o cattivo ci ha portato, dall’altro guardiamo al nuovo anno pieni di speranza, festeggiando perché la fine coincinde con un nuovo inizio.

E questo passaggio, unito alla necessità tipicamente umana di catalogare le cose, ci dà l’impressione che in questi giorni il flusso del tempo si interrompa, che ogni anno sia come una scatola separata dalle altre, che può contenere gioie o dolori a seconda dei capricci della fortuna: chi ha avuto una pessima annata gioisce al pensiero che sia terminata, chi ha vissuto un anno sereno si volge indietro con un sorriso, ma tutti hanno comunque il cuore colmo di speranze per il nuovo anno, che sicuramente sarà pieno e generoso.

Ma non appena si spegne l’eco dei fuochi artificiali, mentre l’aria è ancora impregnata dell’odore invadente della polvere da sparo, ecco che già ritroviamo la vecchia vita che ci attende alle nostre spalle, proprio nel punto in cui l’avevamo lasciata, incurante del cambio di data.

Beh, anche quest’anno è andata così, la vita prosegue come prima. Ma presto arriverà la svolta, la fortuna, tutto cambierà.

Magari il prossimo anno.

“Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?”
(Giacomo Leopardi, Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere)