Archivio per gennaio, 2013

Che coss’è l’amor, Vinicio Capossela

Per una serie di curiose circostanze, una domanda affine a quella che dà il titolo a una famosa canzone di Vinicio Capossela è risuonata oggi nel mio ufficio: a cosa serve l’amore?

“L’amore è un meccanismo evolutivo che ha lo scopo di preservare la specie umana” è stata la lapidaria risposta di un collega.

Tutto qui? Fare figli? E’ davvero così semplice la risposta a una delle domande che l’umanità si pone da migliaia di anni? Questa è la spiegazione del sentimento più complesso e più irrazionale che esista? Questa è la motivazione che ci ha ispirato a comporre musica, poesie, drammi, che ci ha spinto a commettere omicidi e atti eroici, che ci ha fatto piangere, ridere e sognare?

In questo triste secolo dominato dal razionalismo, lo scienziato è convinto di poter comprendere ogni cosa, di poter sezionare con i suoi affilatissimi bisturi anche i nostri sentimenti, di poter guardare con i suoi potentissimi microscopi fin nel profondo del nostro cuore, di poter stimare con i suoi precisissimi strumenti persino il peso della nostra anima, riducendo l’intero universo a un freddo e squallido meccanismo privo di uno scopo.

Probabilmente è vero, il mio collega ha ragione. Ma io voglio credere lo stesso che ci sia anche qualcos’altro, che ognuno di noi nasconda ancora dentro di sé una scintilla divina rubata agli dèi, che ci siano cose che ci sfuggono e che non saremo mai in grado di capire, che la forza che ci unisce non sia solamente il frutto di una reazione chimica. Forse questo mi rende più ingenuo, più infantile, ma non importa. Oggi voglio essere un po’ meno scienziato e un po’ più poeta.

«”Illusioni!” grida il filosofo. Or non è tutto illusione? tutto! Beati gli antichi che si credeano degni de’ baci delle immortali dive del cielo; che sacrificavano alla Bellezza e alle Grazie; che diffondeano lo splendore della divinità su le imperfezioni dell’uomo, e che trovavano il bello ed il vero accarezzando gli idoli della lor fantasia! Illusioni! ma intanto senza di esse io non sentirei la vita che nel dolore, o (che mi spaventa ancor più) nella rigida e noiosa indolenza: e se questo cuore non vorrà più sentire, io me lo strapperò dal petto con le mie mani, e lo caccerò come un servo infedele.»

(Ugo Foscolo, Le Ultime Lettere di Jacopo Ortis)