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La mail di benvenuto nel club Pampers...

La mail di benvenuto nel club Pampers...

Solo quando si ha un figlio ci si rende veramente conto della quantità industriale di pannolini necessari per una creatura così piccola. Nel giro di un anno non so quante confezioni ne avremo comprate, sempre rigorosamente marchiati Pampers (a quanto pare, gli unici degni di accogliere le deiezioni di mia figlia). Quasi ogni confezione contiene cartoline di concorsi e promozioni che regolarmente cestiniamo, poco propensi a credere nella dea bendata. Ma stranamente l’ultima volta che abbiamo acquistato una confezione multipla di pannolini mia moglie ha insistito per partecipare alla promozione perché “si sentiva” che ci saremmo aggiudicati uno dei premi in palio (lo dico subito per non creare aspettative: naturalmente non abbiamo vinto nulla!).

Alla prima occasione, quindi, mi connetto al sito della Pampers per inserire il codice del concorso, dato che mia moglie è deputata alle percezioni extrasensoriali, mentre ogni tipo di interazione con la tecnologia è compito mio. Naturalmente per partecipare al concorso l’azienda ti richiede una registrazione completa con tutti i tuoi dati e quelli di tuo figlio, che userà poi negli anni a venire per martellarti di pubblicità (probabilmente starò ancora cancellando mail promozionali dei pannolini quando mia figlia compirà gli studi universitari!). Vabbè. Inserisco tutti i miei dati anagrafici. Quindi mi viene richiesto il mio “stato”: le scelte possibili sono “già mamma”, “in attesa” o “entrambe (mamma e mamma in attesa)”; nella riga sottostante, un’opzione isolata e un po’ sfigata riporta anche la dicitura “papà” (ora, avendo indicato tra i dati anagrafici anche il mio sesso, ci si poteva aspettare che non fossi né una mamma né tantomeno una mamma in attesa, ma immagino che pretendere una preselezione del box fosse chiedere troppo…vabbè). Invio i dati, mi arriva una mail di conferma: nel bel mezzo campeggia in grande la scritta: “Ciao Tiziano, e benvenuta su Pampers.it!”. Ora, a prescindere dalla dubbia opportunità di mettere una virgola prima della congiunzione, quello che più di tutto ha attirato la mia attenzione è l’aggettivo di genere femminile.

Ma come? Ti indico tra i dati anagrafici che sono un maschio, seleziono l’apposita voce “papà” per indicare il mio “stato” e tu, Pampers, non puoi fare lo sforzo di concordare correttamente un aggettivo? Ma non è solo una negligenza, è un modo di pensare diffuso: sono le mamme che si occupano dei pannolini, delle pappe, dei vestiti dei bambini. Ogni prodotto per la prima infanzia è pensato per un target femminile; un uomo che si occupa di queste cose viene immediatamente etichettato come un “mammo”, diventa meno virile, quindi niente di strano ad affibbiargli un aggettivo di genere femminile.

Allora io vorrei rivolgermi alle donne, a tutte quelle donne che si lamentano che i loro compagni non si occupano dei figli o dei lavori domestici, a quelle donne che affermano che gli uomini dovrebbero vivere una paternità consapevole, che dovrebbero prendersi i permessi dal lavoro per occuparsi dei figli, a quelle donne che chiedono la parità dei sessi io vorrei dire che è da qui che dovrebbero partire, dal cambiare questa mentalità, dal togliersi dal viso quel sorriso divertito e riconoscere che anche questa è discriminazione.

La bellissima Irina Shayk pubblicizza l'intimo maschile

La bellissima Irina Shayk pubblicizza l'intimo maschile

In questi giorni le nostre città sono letteralmente tappezzate dalla nuova campagna pubblicitaria della linea maschile del noto marchio Intimissimi (tradizionalmente più orientato a una clientela femminile, come tutti i produttori di intimo, anzi come tutti i produttori di abbigliamento di qualsiasi genere!). La cosa che colpisce è che in questi cartelloni pubblicitari, anziché trovare l’immagine di un uomo come ci si potrebbe aspettare, c’è invece una modella mozzafiato che indossa dei boxer e una canottiera maschile. Personalmente, al di là dell’apprezzamento estetico per la modella, ritengo che sia un’idea geniale: un uomo non è interessato a sapere come sta quel particolare tipo di mutande a un altro uomo (peraltro di solito l’effetto su una persona comune è leggermente diverso!), mentre il richiamo visivo di una bellissima donna mezza nuda è irresistibile. Allora pensavo alla situazione opposta: t’immagini la pubblicità di un intimo femminile con un uomo che indossa degli slip di pizzo e un reggiseno?!? No, direi proprio di no.

Non molto tempo fa le femministe bruciavano i reggiseni nelle piazze inseguendo l’idea di una insensata parità, ma è ovvio ormai che non c’è e non ci potrà mai essere uguagluanza tra i sessi perché uomini e donne sono strutturalmente e biologicamente diversi. Non può esserci uguaglianza perché i meccanismi mentali (e sessuali) di un uomo e di una donna, siano essi innati o stratificati da millenni di vita sociale, funzionano in modo differente; non può esserci uguaglianza perché nella nostra specie la riproduzione e la cura dei figli nei primi mesi di vita sono totalmente a carico della donna; non può esserci uguaglianza perché veniamo da una storia di disparità, di maschilismo e spesso per cercare di riequilibrare il rapporto tra i sessi finiamo per creare solo confusione.

Forse dovremmo solo accettare la nostra diversità e cercare di instaurare un rapporto di convivenza collaborativo, che rispetti le esigenze di entrambi i sessi e della collettività nel suo insieme. E scoprire che, in fondo, proprio in questa diversità si nasconde la segreta alchimia che scatena l’attrazione tra un uomo e una donna. Insomma, se c’è da cucinare o persino stirare io non mi tiro certo indietro, ma per favore, vi prego: risparmiatemi il triste spettacolo di un uomo in lingerie!