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La home page del Corriere della Sera

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Oggi mio malgrado sono venuto a conoscenza della morte della compianta orsa Daniza. Non avrei comunque potuto ignorarlo, visto che la mia homepage di Facebook era completamente infestata dai necrologi, mentre le due principali testate nazionali, il Corriere e la Repubblica, riportavano la notizia in primo piano (come peraltro hanno fatto quasi tutti i telegiornali della sera).

Giuro, mi piacciono gli animali. Beh insomma gli insetti mi fanno un po’ schifo, lo ammetto, ma tutti gli altri animali mi piacciono: adoro i gatti, accarezzo i cani e una volta ho fatto addirittura un’offerta per i poveri cuccioli abbandonati. Da piccolo anch’io, come tutti, avevo un pelouche a forma di orso cui ero molto affezionato e mi piaceva guardare l’orso Yoghi in televisione; anzi, ora che ci penso, quando ero un bambino e ancora non mi rendevo conto del valore del mio tempo ho persino visto il noiosissimo film “L’orso” di Jean-Jacques Annaud.

Ecco, però, a costo di inimicarmi l’intera comunità animalista, una cosa la devo dire, non ce la faccio a trattenermi: ma non si starà un po’ esagerando? Sono settimane che vedo sui social network e sui giornali questi appelli per Daniza, tutti contraddistinti dall’hashtag #iostocondaniza. Naturalmente, come sempre mi capita quando vedo così tante persone ripetere la stessa cosa, provo immediatamente un senso di repulsione e cerco di tenermene alla larga. Quando poi, come in questo caso, il messaggio è veicolato da un hashtag la mia irritazione sale: mi infastidisce l’hashtag, questo brutto e sgrammaticato slogan che chiunque voglia parlare di un certo argomento deve apporre al proprio pensiero come una firma apocrifa, mi disturba l’idea che tutti si uniformino a una frase formulata da qualcun altro come tante pecore nel gregge.

Quindi lo confesso: quando mio malgrado capitavo di fronte a un tweet, una foto, un articolo, un post contrassegnato da #iostocondaniza ho sempre cercato di ignorarlo. Ma la mobilitazione sui media e sui social network era tale che a un certo punto mi sono domandato chi fosse questa Daniza che riusciva ad attirare tanta attenzione sulle sue – evidentemente – sfortunate vicende. Ingenuamente avevo dato per scontato che si trattasse di una donna ed ero abbastanza sicuro che fosse una questione di diritti umani negati, forse nel mio subconscio avevo addirittura assimilato il suo nome a quello di Meriam, la giovane sudanese condannata a morte per aver rinnegato l’Islam.

Poi oggi i numerosi post su Facebook mi hanno svelato la verità. Inizialmente, guardando disegni e foto di orsi, lo giuro, non riuscivo a capire cosa ci potessero entrare con i diritti umani, l’integralismo islamico e la condizione femminile. Così sono andato a leggere gli articoli.

Un’orsa.

No, non mi capacito. Per carità, l’orso è un animale maestoso, una specie protetta, aveva anche i cuccioli, la scena della morte della mamma di Bambi è scolpita indelebilmente nella memoria di ognuno di noi. Ma tutti i media, i social network, i personaggi dello spettacolo e i politici stanno davvero, no dico DAVVERO, parlando della morte di un’orsa?!?

Non credo sia qualunquista confrontare la notizia di Daniza con quelle che la circondano sulla home page del Corriere: Putin afferma che è di nuovo a rischio la pace in Ucraina se si va avanti con le sanzioni, Draghi ricorda che la situazione economica in Europa è stagnante, braccio di ferro tra Russia e USA su un possibile intervento in Siria contro gli estremisti islamici dell’ISIS, rabbia al funerale del ragazzo di 17 anni ucciso a Napoli da un carabiniere. E potrei continuare scorrendo la pagina per leggere le notizie via via meno rilevanti. Ma in cima a tutto troneggia lei, l’orsa Daniza.

Non posso esimermi a questo punto dal citare alcuni estratti dall’articolo di testa: eviterò ogni commento, non ce n’è bisogno.

Il Corpo Forestale annuncia l’apertura di un’inchiesta. Il Ministro dell’Ambiente spiega: “Abbiamo già inviato alla Provincia di Trento la richiesta di una relazione”. Nasce l’hashtag #giustiziaperdaniza. Dell’episodio sono stati informati il Ministero dell’Ambiente, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e l’Autorità Giudiziaria. Per Daniza l’autopsia è prevista già in giornata. Non mancano le prese di posizioni ufficiali e politiche. Ciò che è accaduto all’orsa Daniza è un animalicidio (sic!) in piena regola.

E si potrebbe continuare a lungo, ma preferisco fermarmi qui.

A me dispiace molto per la sorte di quest’orsa sfortunata, ma personalmente mi sento molto più coinvolto negli infiniti drammi e nelle vicende di animali che appartengono alla mia stessa specie, drammi che sono ogni giorno sotto i nostri occhi ma per i quali purtroppo non si riesce mai a trovare un hashtag abbastanza convincente né uno slogan altrettanto commovente e virale.

Scaglie colorate

Scaglie colorate

Nel più antico dei calendari romani il nuovo anno cominciava nel mese di marzo, ovvero con l’inizio della primavera. Da allora, l’idea che la primavera scandisca il passaggio del tempo ha attraversato indenne i millenni e tre riforme del calendario (il 1° gennaio è stato definitivamente imposto come inizio ufficiale del nuovo anno solo all’alba del XVIII secolo), al punto che ancora oggi la parola “primavere” si usa per indicare l’età di una persona.

E così, alla soglia delle mie trentasei primavere, finalmente riesco a trovare il tempo di tornare al mio blog, abbandonato da mesi. Scorro la cronologia e mi accorgo che dodici mesi fa è successa la stessa cosa: a quanto pare il mio blog muore all’inizio di ogni primavera e risorge inspiegabilmente prima dell’estate.

Sarà che la bella stagione mi tiene lontano dal computer, mi spinge a uscire, a trascorrere il tempo fuori casa, ed è un po’ come se volessi recuperare le occasioni perdute durante l’inverno, sono pieno di idee, di voglia di fare, di posti dove andare, come al risveglio dopo un lungo letargo.

Purtroppo però, come sempre, ci sono mille altri impegni e pensieri molto più prosaici a cui badare: la dichiarazione dei redditi, il condominio, il bollo e l’assicurazione dell’auto, eccetera eccetera eccetera. E poi naturalmente ci sono gli imprevisti. Sì, perché gli imprevisti ci sono sempre, al punto che ormai non si possono nemmeno più definire imprevisti: la coda dell’inverno lascia sempre nell’aria qualche virus particolarmente aggressivo, che immancabilmente trova un’ospite accogliente nel corpo di mia figlia. Ma non solo nel suo. Lei almeno ha la scusa del sistema immunitario ancora acerbo, ma non passa una primavera senza che io stesso contragga qualche tipo di malattia, un fortissimo raffreddore, un mal di gola o altro ancora. E’ come se il mio corpo si abbandonasse, solo per un momento, stanco, sfinito. Come se si lasciasse andare in balia delle malattie, dell’ambiente, dei malesseri fisici e psichici. Ed è come se da questa devastazione uscissi ripulito, rinnovato, pronto ad affrontare altri dodici mesi, rinato, come un serpente che abbandona la vecchia pelle e sfodera le sue nuove, scintillanti scaglie colorate.

La primavera è arrivata. Mi sento un pochino più vecchio. Cammino per la strada, il sole di maggio mi coccola nel suo caldo abbraccio. Le nuvole si allontanano all’orizzonte. Chiudo gli occhi, inspiro l’aria carica di profumi. E sorrido.

Il video di "The Greatest Love of All"

Hanno già detto e scritto tutto: una delle più grandi star della musica pop, un’artista che può vantare al proprio attivo alcuni tra gli album più venduti in assoluto nella storia della musica leggera, che si spegne a soli 48 anni affogando nella vasca da bagno di una camera d’albergo.

I giornalisti fanno a gara per ripercorrere la sua parabola discendente. Aveva tutto, ha perso tutto. Più si sale in alto, più la caduta è dolorosa. I soldi e il successo non fanno la felicità. Eccetera.

Nient’altro da aggiungere. Misero tributo per un’artista piena di talento, che ci ha regalato alcune canzoni indimenticabili prima di sprofondare nel suo personale inferno. Il mondo l’ha già giudicata. E dimenticata.

Io invece stasera, in fuga da un San Remo piatto e tutto sommato inutile, voglio rifugiarmi ancora una volta tra quelle melodie cariche di ricordi, farmi accarezzare di nuovo da quella voce straordinaria, rimpiangere la scomparsa di un’artista così dotata e fragile.

Learning to love yourself, this is the greatest love of all.

La Giustizia

La Giustizia

Non credo che in Occidente qualcuno possa dolersi della morte di Bin Laden, non penso che sia possibile dimenticare le immagini degli aerei che si schiantano contro le Torri, della colonna di fumo che si alza da Manhattan, dei volantini con le foto dei dispersi appesi alle macerie del World Trade Center.

Eppure ieri, quando i media di tutto il mondo rimandavano le immagini degli americani pazzi di gioia che festeggiavano in piena notte davanti alla Casa Bianca, ho provato un senso di disagio. Erano scene già viste, troppo simili nella loro aberrazione ai filmati dei palestinesi che esultavano per l’attentato alle Torri Gemelle. Certo, la situazione era ben diversa, ma per me è comunque inaccettabile una tale manifestazione di giubilo in seguito alla morte di un uomo, tra l’altro proprio in quell’Occidente di cui mi sento di far parte e che si ritiene così superiore e maturo.

Il Presidente degli Stati Uniti, il Nobel per la Pace (sic!) Barack Obama ha commentato l’uccisione dello sceicco del terrore con le parole “Justice has been done”. Certo, immagino che in un Paese dove è ancora in vigore la pena di morte il confine che divide la giustizia dalla vendetta sia molto labile, ma come occidentale avrei preferito vedere immagini più sobrie di fronte a questa morte che in qualche modo chiude un cerchio, conclude una caccia al colpevole durata dieci anni, non avrei voluto vedere l’America che festeggia, ma l’America coraggiosa, orgogliosa e composta del post 11 Settembre, l’America che si scioglie nel pianto e nella commozione ricordando le sue numerosissime vittime.