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Attenzione: questo è un post decisamente da nerd, consiglierei pertanto a chi non ha mai trascorso intere serate a giocare a Space Invaders o a chi non sa convertire un binario in decimale di astenersi dalla lettura.

Nella rivista Paper Soft, che mi ha regalato così tanti listati di programmi, la parola "goto" doveva essere senz'altro una delle più ricorrenti

Nella rivista Paper Soft, che mi ha regalato così tanti listati di programmi, la parola "goto" doveva essere senz'altro una delle più ricorrenti

Con grande stupore ho scoperto l’altro giorno che tra le “novità” introdotte nell’ultima versione del linguaggio PHP c’è il comando “goto”. Sì, avete capito bene: il comando “goto”, l’elemento fondamentale della famigerata programmazione spaghetti-like, l’oggetto dell’anatema di Dijkstra, l’innominabile scheletro nell’armadio dell’informatica, seppellito sotto tonnellate e tonnellate di elegantissimo codice a oggetti. Non abbastanza in fondo, a quanto pare.

Non voglio soffermarmi ora sui motivi che hanno spinto gli sviluppatori del PHP a includere questa “innovazione” nel linguaggio, sono convinto che si tratti di un comando obsoleto e tutto sommato superfluo, considerati gli attuali paradigmi di programmazione. Devo dire però che imbattermi nel comando “goto” è stato come ritrovare un vecchio amico d’infanzia che non si incontra da tanti anni, è stato come un viaggio all’indietro nel tempo (a tal proposito rimando alla fantastica striscia di xkcd.com, che è persino riportata sulla pagina del manuale PHP dedicata al comando “goto”!).

In un batter d’occhio sono tornato indietro agli anni ’80, immerso in quell’atmosfera colorata e roboante, decisamente kitsch ma in fondo allegra e scanzonata. Mi sono ritrovato, insieme a mio padre e mio fratello, davanti al TI-99/4A, il nostro primo “home computer” (il concetto di “personal computer” non esisteva ancora), intenti a copiare da una rivista (l’indimenticabile Paper Soft) il lunghissimo listato di un programma in BASIC. Sembra inconcepibile ora, eppure non è passato poi così tanto tempo: stavamo lì a copiare centinaia e centinaia di righe di codice, senza avere la minima idea di cosa sarebbe venuto fuori una volta dato il comando “RUN”, per poterci poi stupire magari guardando una pallina quadrata che rimbalzava sui bordi dello schermo. Eppure quella era la felicità.

Il TI-99/4A, il mio primo "home computer"

Il TI-99/4A, il mio primo "home computer"

Non potevo certo immaginare che quei lunghi e perlopiù incomprensibili elenchi di comandi stavano gettando un seme dentro di me, che avrebbero inciso così tanto sulla mia vita futura. Ero ingenuo allora, ero ignaro: scrivevo pessimo codice, ma non lo sapevo. Il solo fatto di poter parlare la lingua dei computer mi faceva sentire come l’iniziato di un culto misterico. Poi sono cresciuto, qualcuno mi ha detto che sbagliavo, che il comando “goto” è il male e che il BASIC è un linguaggio per bambini, meglio evitare di dire in giro che lo conosci. Ho imparato a fare le cose in modo diverso, gli anni sono trascorsi.

Poi un giorno inaspettatamente ti imbatti di nuovo nel vecchio comando “goto”, come un dinosauro scoperto in una valle perduta. Sono passati tanti anni eppure fa ancora egregiamente il suo dovere: interrompe immediatamente il flusso dei tuoi pensieri e ti riporta indietro di trent’anni. Salto incondizionato. Goto ’80s.

La copertina del 45 giri di "Felicità"

La copertina del 45 giri di "Felicità"

Doveva succedere prima o poi. Succede a tutte le coppie che divorziano, figuriamoci poi a loro: era inevitabile che un giorno avrebbero cercato l’uno nell’altra il capro espiatorio sul quale scaricare il dolore lacerante e inconsolabile della perdita di una figlia. Eppure fino a oggi mi era sembrato che Albano e Romina fossero riusciti a mantenere, anche nella separazione, una certa dignità, un pudore antico, che non appartiene al luccicante mondo dello spettacolo. Ora gli ex coniugi canterini hanno perso invece ogni freno inibitore e si lanciano pesantissime accuse dai salotti televisivi.

Un po’ mi fa tristezza. Non certo per la perdita artistica, anche se, come quasi tutti i nostri cantanti melodico-trash di quegli anni, erano circondati da un’aura quasi mitica di leggende metropolitane (“Ma guarda che in Svizzera sono famosissimi!”, “Qui da noi non se li fila nessuno, ma a Tokyo riempiono gli stadi”, eccetera). No, le liti mediatiche dei coniugi Carrisi mi intristiscono per un altro motivo: perché per me, come – credo – per tutte le persone cresciute tra gli anni 70 e 80, Albano e Romina rappresentavano la coppia mediatica perfetta, il trionfo dell’amore, delle gioie familiari: come non invidiare la loro intesa armoniosa mentre, sorridendo e in perfetto sincro, cantavano “Felicità”?

E invece adesso eccoli: invecchiati, rovinati, incattiviti, a parlare di droga e di percosse. Era tutto finto, ci avevano ingannato, il sogno è finito.

Nostalgia, nostalgia canaglia.