Archivio per marzo, 2012

La mail di benvenuto nel club Pampers...

La mail di benvenuto nel club Pampers...

Solo quando si ha un figlio ci si rende veramente conto della quantità industriale di pannolini necessari per una creatura così piccola. Nel giro di un anno non so quante confezioni ne avremo comprate, sempre rigorosamente marchiati Pampers (a quanto pare, gli unici degni di accogliere le deiezioni di mia figlia). Quasi ogni confezione contiene cartoline di concorsi e promozioni che regolarmente cestiniamo, poco propensi a credere nella dea bendata. Ma stranamente l’ultima volta che abbiamo acquistato una confezione multipla di pannolini mia moglie ha insistito per partecipare alla promozione perché “si sentiva” che ci saremmo aggiudicati uno dei premi in palio (lo dico subito per non creare aspettative: naturalmente non abbiamo vinto nulla!).

Alla prima occasione, quindi, mi connetto al sito della Pampers per inserire il codice del concorso, dato che mia moglie è deputata alle percezioni extrasensoriali, mentre ogni tipo di interazione con la tecnologia è compito mio. Naturalmente per partecipare al concorso l’azienda ti richiede una registrazione completa con tutti i tuoi dati e quelli di tuo figlio, che userà poi negli anni a venire per martellarti di pubblicità (probabilmente starò ancora cancellando mail promozionali dei pannolini quando mia figlia compirà gli studi universitari!). Vabbè. Inserisco tutti i miei dati anagrafici. Quindi mi viene richiesto il mio “stato”: le scelte possibili sono “già mamma”, “in attesa” o “entrambe (mamma e mamma in attesa)”; nella riga sottostante, un’opzione isolata e un po’ sfigata riporta anche la dicitura “papà” (ora, avendo indicato tra i dati anagrafici anche il mio sesso, ci si poteva aspettare che non fossi né una mamma né tantomeno una mamma in attesa, ma immagino che pretendere una preselezione del box fosse chiedere troppo…vabbè). Invio i dati, mi arriva una mail di conferma: nel bel mezzo campeggia in grande la scritta: “Ciao Tiziano, e benvenuta su Pampers.it!”. Ora, a prescindere dalla dubbia opportunità di mettere una virgola prima della congiunzione, quello che più di tutto ha attirato la mia attenzione è l’aggettivo di genere femminile.

Ma come? Ti indico tra i dati anagrafici che sono un maschio, seleziono l’apposita voce “papà” per indicare il mio “stato” e tu, Pampers, non puoi fare lo sforzo di concordare correttamente un aggettivo? Ma non è solo una negligenza, è un modo di pensare diffuso: sono le mamme che si occupano dei pannolini, delle pappe, dei vestiti dei bambini. Ogni prodotto per la prima infanzia è pensato per un target femminile; un uomo che si occupa di queste cose viene immediatamente etichettato come un “mammo”, diventa meno virile, quindi niente di strano ad affibbiargli un aggettivo di genere femminile.

Allora io vorrei rivolgermi alle donne, a tutte quelle donne che si lamentano che i loro compagni non si occupano dei figli o dei lavori domestici, a quelle donne che affermano che gli uomini dovrebbero vivere una paternità consapevole, che dovrebbero prendersi i permessi dal lavoro per occuparsi dei figli, a quelle donne che chiedono la parità dei sessi io vorrei dire che è da qui che dovrebbero partire, dal cambiare questa mentalità, dal togliersi dal viso quel sorriso divertito e riconoscere che anche questa è discriminazione.