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Natale

Natale

Le luci dell’albero che si accendono e si spengono, il ciocco che brucia lentamente nel camino diffondendo nella stanza quel calore che nessun altro sistema di riscaldamento è in grado di dare, la tovaglia di Natale, il servizio buono, i pacchetti che aspettano sotto l’albero…

Sì, forse si era già capito dal mio post dell’anno scorso: mi piace il Natale. Lo so, è un’affermazione impopolare, è un po’ come dire che si guarda il Festival di Sanremo, sono cose che si potevano amare da bambini, che si potevano amare nel secolo scorso, quando si era ingenui. Ora che siamo smaliziati, ora che siamo consapevoli, ora che siamo tristi non possiamo più amare il Natale, è da sfigati, non è per niente di moda. Lo so.

Eppure quando arriva questa festa mi sento ancora come un bambino, mi emoziono, mi sento elettrizzato. E come sempre succede, è più la preparazione della festa che la festa stessa a eccitarmi: per me il Natale è la sera del 24; il 25 è una giornata noiosa, quasi una lunga e pesantissima domenica pomeriggio con i parenti. Ma il 24 sento tintinnare la slitta, le stelle limpide nella notte invernale sembrano partecipi della festa e per una sera si dimenticano i litigi, le critiche, le invidie che caratterizzano ogni buona famiglia e si fa finta di essere la famiglia del Mulino Bianco. Felici. Allegri.

E la cosa migliore è che funziona. Si è davvero allegri, si vive davvero il piacere di stare insieme. Ed è forse questa la vera magia del Natale.

Non mi diSgarbi

Pubblicato: 17 giugno 2011 in AcidaMente
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Vittorio Sgarbi

Vittorio Sgarbi (foto di torre.elena)

Devo ammetterlo: amo le persone un po’ eccessive, debordanti, che non hanno paura di esprimere le proprie opinioni anche quando sono palesemente e ostinatamente contrarie al pensiero comune. Nonostante ciò non ho mai potuto soffrire Vittorio Sgarbi, in parte perché è decisamente troppo pieno di sé per i miei gusti, ma soprattutto per la sua aggressività verbale e la sua inaccettabile maleducazione (nomen omen).

Eppure mi trovo perfettamente d’accordo con le sue recenti dichiarazioni in relazione all’allestimento del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia, anzi si può dire che riflettano alla perferzione le mie idee sul mondo dell’arte: sono quindi rimasto molto meravigliato sentendole esprimere da un addetto ai lavori, seppure un personaggio abbastanza border-line.

Sgarbi descrive un “sistema autoreferenziale, ignorante e ridicolo” sostenuto dai critici, dai mercanti d’arte e da una serie di facoltosi acquirenti (si scaglia in particolare contro quelli appartenenti al mondo della moda) che trasformano l’arte in qualcosa di elitario, di lontano dal sentire comune, osannato dal mondo modaiolo e dagli intellettualoidi radical-chic: “Un’arte inventata di sana pianta dalla moda e dal mercato internazionale. Un’arte di fumo, sostenuta da Prada, Trussardi, Fendi”, ovvero da quella “moda che parla di maestri, ma se non hanno una K o una H nel nome, meglio se in fondo, non li espongono nemmeno”. I riferimenti (negativi) abbondano, si va dal contestatissimo Damien Hirst al provocatorio Maurizio Cattelan, per scagliarsi apertamente contro l’installazione di Anish Kapoor nella Basilica di San Giorgio, in corso a Venezia: artisti “imposti dalla mafia autentica dei mercanti, dai collezionisti che pagano e stabiliscono il valore di questo o quell’altro personaggio, il quale poi mette un soffione nella chiesa di Palladio e tutti «Che bello! Che bello!»: una cagata invereconda!”. Seppur con i suoi toni sempre un po’ sopra le righe, insomma, Sgarbi apre un tema importante, che mi sta molto a cuore: l’arte dovrebbe tornare ad avere un rapporto più stretto con la gente, non solo con gli addetti ai lavori, cito ancora Sgarbi: le persone “come hanno un parere sul cinema dovrebbero avere un parere sull’arte; se non hanno un parere sull’arte, è colpa dell’arte” perché l’arte “non deve essere degli specialisti, l’arte è per tutti”.