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Dopo un picco non si può fare altro che scendere

Dopo un picco non si può fare altro che scendere

Oggi è il solstizio d’estate, il giorno più lungo dell’anno. Da domani il sole comincerà il suo lento ma inesorabile spostamento verso sud e ogni giorno sarà un pochino più corto di quello che l’ha preceduto.

È questo il problema con i vertici: quando raggiungi la vetta non puoi fare altro che scendere. La gente dice: da oggi comincia l’estate! Io penso: da oggi comincia la fine dell’estate, gli acquazzoni di metà agosto già si avvertono all’orizzonte.

Secondo una ricerca inglese (ovviamente!) l’età più felice della vita sono i 38 anni: si è ancora relativamente giovani ma solitamente si sono già ottenuti alcuni importanti obiettivi in ambito familiare e lavorativo; mediamente a questa età si ha un posto di lavoro stabile, una casa, magari una famiglia e dei figli (che ancora non sono entrati nel terribile periodo adolescenziale!), insomma ci si sente realizzati su diversi fronti e si è raggiunto un certo equilibrio interiore.

Pochi giorni fa ho compiuto 36 anni, ho  pensato: mi restano solo due anni prima dell’inizio del mio inevitabile declino.

È questo il problema con i vertici. Quanto aveva ragione Leopardi!

Scaglie colorate

Scaglie colorate

Nel più antico dei calendari romani il nuovo anno cominciava nel mese di marzo, ovvero con l’inizio della primavera. Da allora, l’idea che la primavera scandisca il passaggio del tempo ha attraversato indenne i millenni e tre riforme del calendario (il 1° gennaio è stato definitivamente imposto come inizio ufficiale del nuovo anno solo all’alba del XVIII secolo), al punto che ancora oggi la parola “primavere” si usa per indicare l’età di una persona.

E così, alla soglia delle mie trentasei primavere, finalmente riesco a trovare il tempo di tornare al mio blog, abbandonato da mesi. Scorro la cronologia e mi accorgo che dodici mesi fa è successa la stessa cosa: a quanto pare il mio blog muore all’inizio di ogni primavera e risorge inspiegabilmente prima dell’estate.

Sarà che la bella stagione mi tiene lontano dal computer, mi spinge a uscire, a trascorrere il tempo fuori casa, ed è un po’ come se volessi recuperare le occasioni perdute durante l’inverno, sono pieno di idee, di voglia di fare, di posti dove andare, come al risveglio dopo un lungo letargo.

Purtroppo però, come sempre, ci sono mille altri impegni e pensieri molto più prosaici a cui badare: la dichiarazione dei redditi, il condominio, il bollo e l’assicurazione dell’auto, eccetera eccetera eccetera. E poi naturalmente ci sono gli imprevisti. Sì, perché gli imprevisti ci sono sempre, al punto che ormai non si possono nemmeno più definire imprevisti: la coda dell’inverno lascia sempre nell’aria qualche virus particolarmente aggressivo, che immancabilmente trova un’ospite accogliente nel corpo di mia figlia. Ma non solo nel suo. Lei almeno ha la scusa del sistema immunitario ancora acerbo, ma non passa una primavera senza che io stesso contragga qualche tipo di malattia, un fortissimo raffreddore, un mal di gola o altro ancora. E’ come se il mio corpo si abbandonasse, solo per un momento, stanco, sfinito. Come se si lasciasse andare in balia delle malattie, dell’ambiente, dei malesseri fisici e psichici. Ed è come se da questa devastazione uscissi ripulito, rinnovato, pronto ad affrontare altri dodici mesi, rinato, come un serpente che abbandona la vecchia pelle e sfodera le sue nuove, scintillanti scaglie colorate.

La primavera è arrivata. Mi sento un pochino più vecchio. Cammino per la strada, il sole di maggio mi coccola nel suo caldo abbraccio. Le nuvole si allontanano all’orizzonte. Chiudo gli occhi, inspiro l’aria carica di profumi. E sorrido.

Quanti anni hai stasera?

Pubblicato: 8 giugno 2011 in Il Timido Ubriaco
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Gli anni

Gli anni

La gente non mi crede quando dico che non so esattamente quanti anni ho, pensa che sia una battuta, che voglia darmi un’aria da persona stravagante; invece è la pura verità, nel senso che ho un’idea abbastanza approssimata della mia età, diciamo che so di trovarmi nella prima o nella seconda metà di un certo decennio, ma se qualcuno mi rivolge la domanda a bruciapelo, non mi affido mai alla memoria, ma calcolo al volo la differenza tra l’anno corrente e quello della mia nascita.

Con la miriade di dati, codici, password che dobbiamo quotidianamente ricordare, mi domando le altre persone come facciano a tenere a mente anche un’informazione del genere, così mutevole da cambiare dopo appena un anno e così inutile da non servire praticamente a nulla, almeno se si appartiene alla fascia d’età che va dai 18 (la fatidica soglia!) ai 65 anni (l’altra agognata soglia, quando avremo sconti e accessi gratuiti per musei, spettacoli e trasporti).

Sarà per questo che ho un’idea distorta delle mie età trascorse: è sufficiente che in un anno nessuno mi chieda quanti anni ho e in pratica è come se una certa età io non l’avessi mai avuta. Ad esempio, non ricordo di aver mai avuto 20 anni né 25 né 26, eppure mi ricordo di aver avuto 19 anni, i 21 e i 23 li ho avuti per una vita, mentre i 28 sono durati poco. E più si va avanti, meno riesco ad avere consapevolezza dei miei anni. Ormai mi sono rassegnato a questa mia deviazione mentale e mi convinco sempre di più che, se un giorno arriverò finalmente all’ambito traguardo dell’età degli sconti, mi domanderò meravigliato: “Cosa? Ho 65 anni? Ma se fino a ieri ne avevo solamente 30!”.