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I questuanti

Pubblicato: 26 giugno 2012 in AcidaMente
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Una scena dal film “L’aereo più pazzo del mondo”: il mio sogno inconfessato!

Si appostano nei vicoli pronti a saltarti addosso, ti inseguono nelle piazze cercando di afferrarti, nei casi peggiori ti circondano da diversi lati, rendendo la fuga impossibile. Io li definisco genericamente “i questuanti”: tutte quelle persone che, mentre stai camminando tranquillo per i fatti tuoi, ti fermano per parlarti di poveri gattini abbandonati, di comunità di recupero, di sventure proprie o altrui, in tutti i casi con l’unico scopo fondamentale di estorcerti denaro.

Io non amo questo modo di raccogliere fondi, mi sento aggredito, e non fa molta differenza per me se si tratta di una zingara con la mano protesa o dell’addetto del WWF con la sua brava pettorina. Se desidero salvare le balene o fare della beneficenza sarò io a cercare i canali giusti per dare il mio contributo. Perché dovrei essere costretto a spiegare per la milionesima volta a un perfetto sconosciuto il motivo per cui il suo sguardo di disapprovazione non mi fa sentire affatto in colpa, ma riesce soltanto a irritarmi?

Esagerato? Forse. Eppure sarà per via della bella stagione che li fa uscire tutti all’aperto, sarà il caldo che mi rende più insofferente, sarà Firenze che è particolarmente presa d’assalto, fatto sta che il tragitto che percorro quotidianamente tra la mia casa e l’ufficio pullula di questuanti. L’altro giorno, ad esempio, ho incontrato – e schivato – nell’ordine: i volontari di Save The Children (pettorina rossa), una donna che chiedeva l’elemosina, una coppia di (presunti) artisti di strada che cercavano invano di far roteare nell’aria tre birilli, due punkabbestia con relativi cani al seguito, un gruppo di indiani abbigliati come se fossimo nel Far West che suonavano “Imagine” col flauto di pan (alla storpiatura di pezzi bellissimi con questo orrendo strumento potrei dedicare un intero post!), i ragazzi di Greenpeace (pettorina verde) e poco più avanti quelli della cooperativa Emmaus. Direi che ce n’è abbastanza per esasperare una persona!

Per sopravvivere al percorso e arrivare a casa indenne, ho quindi elaborato una serie di strategie. Innanzitutto tenere gli occhi aperti per cercare di individuare il questuante il prima possibile: avere un vantaggio può rivelarsi fondamentale, a volte è sufficiente attraversare la strada o farsi scudo di un altro ignaro passante. Una tattica praticamente infallibile è il cellulare: se siete al telefono (o fingete di esserlo) difficilmente verranno a importunarvi. A volte, ma non sempre, è sufficiente anche solo armeggiare con il telefonino, come per scrivere un SMS. In tutti i casi, comunque, è bene allungare il passo.

Tuttavia, prima o poi vi capiterà di non essere abbastanza pronti, di essere colti di sorpresa, magari alla fine di una giornata pesante, quando le vostre difese sono al minimo e camminavate distratti o sovrappensiero. A questo punto, non vi resta che dare libero sfogo alla vostra capacità di improvvisazione, perché non sempre – ahimé – è sufficiente un ostinato rifiuto.

“Posso farle qualche domanda?”
“Mi spiace, ma vado di fretta, perdo l’autobus!”

“Posso rubarle un attimo per parlare del Kirgizistan?”
“Sorry, I don’t speak italian…”

“Ciao, un contributo per la pubblicazione di Lotta Comunista?”
“…Lotta Comunista?” (qui generalmente segue un attimo di sbandamento per fare mente locale sul fatto che sì, siamo davvero nel XXI secolo!) “…no, grazie” (in genere in questo caso è sufficiente il sorriso spontaneo che non riesco a trattenere per far capire al questuante che difficilmente darò alcun contributo!)

“Una firma contro la droga…”
“No, guardi, mi dispiace, ma io sono a favore!”

Crowds, Florence

Folla agli Uffizi (Crowds, Florence di Steve's Wildlife, su Flickr)

Stamani, dovendo fare alcune commissioni, ho preso un paio d’ore di permesso e sono uscito per le strade di Firenze, illuminate da una radiosa giornata di maggio. Sono sempre un po’ euforico quando, in un giorno feriale, vado in giro anziché essere al lavoro, c’è come un’aria di vacanza.

La città in questi giorni è presa d’assalto dai turisti: attraversare Piazza della Signoria è un’impresa non da poco, procedo costantemente sotto il fuoco incrociato di centinaia di macchine fotografiche, che, loro malgrado, porteranno la mia immagine in giro per il mondo: in Germania, negli Stati Uniti, in Cina, in Giappone. Quando possibile cerco di evitare le strade più frequentate dal turismo di massa: a Firenze molte volte è sufficiente spostarsi di pochi metri in una via parallela per trovarsi immersi in un’irreale e meravigliosa solitudine.

Ma non stamattina. Stranamente, anche le strade più dimesse brulicano di persone. Ma in effetti in queste strade non ci sono turisti, è gente che vive a Firenze, che va all’ufficio postale o in un negozio o a prendere un caffè o semplicemente fa una passeggiata e si gode la bellissima giornata. Sono persone di tutte le età: ragazzi (ma non vanno a scuola?), giovani (ma non lavorano? non vanno alle lezioni universitarie?), uomini e donne di mezza età (impossibile che siano già in pensione) e ovviamente anziani (l’unica categoria che sarebbe legittimata a essere a zonzo a quest’ora).

Cosa fanno queste persone nella vita? Io voglio saperlo. Mi sarebbe venuta voglia di fermarli uno a uno e chiedere: scusi, ma Lei non lavora? Cosa fa in giro a quest’ora? Dove va?
Ma poi ho pensato che forse non era il caso e che in fondo loro potrebbero chiedere la stessa cosa a me: mi sono accontentato di godermi il sole e la città e poi, inevitabilmente, sono rientrato a malincuore in ufficio, cercando di convincermi che solitamente non è così, che quello di oggi è stato solo un caso e che di solito, mentre io sono a lavorare sotto un freddo neon, le strade della città siano un deserto groviglio di asfalto, attraversato solo raramente dal passo incerto di un anziano che si ferma ad accarezzare un gatto randagio.