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Non mi diSgarbi

Pubblicato: 17 giugno 2011 in AcidaMente
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Vittorio Sgarbi

Vittorio Sgarbi (foto di torre.elena)

Devo ammetterlo: amo le persone un po’ eccessive, debordanti, che non hanno paura di esprimere le proprie opinioni anche quando sono palesemente e ostinatamente contrarie al pensiero comune. Nonostante ciò non ho mai potuto soffrire Vittorio Sgarbi, in parte perché è decisamente troppo pieno di sé per i miei gusti, ma soprattutto per la sua aggressività verbale e la sua inaccettabile maleducazione (nomen omen).

Eppure mi trovo perfettamente d’accordo con le sue recenti dichiarazioni in relazione all’allestimento del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia, anzi si può dire che riflettano alla perferzione le mie idee sul mondo dell’arte: sono quindi rimasto molto meravigliato sentendole esprimere da un addetto ai lavori, seppure un personaggio abbastanza border-line.

Sgarbi descrive un “sistema autoreferenziale, ignorante e ridicolo” sostenuto dai critici, dai mercanti d’arte e da una serie di facoltosi acquirenti (si scaglia in particolare contro quelli appartenenti al mondo della moda) che trasformano l’arte in qualcosa di elitario, di lontano dal sentire comune, osannato dal mondo modaiolo e dagli intellettualoidi radical-chic: “Un’arte inventata di sana pianta dalla moda e dal mercato internazionale. Un’arte di fumo, sostenuta da Prada, Trussardi, Fendi”, ovvero da quella “moda che parla di maestri, ma se non hanno una K o una H nel nome, meglio se in fondo, non li espongono nemmeno”. I riferimenti (negativi) abbondano, si va dal contestatissimo Damien Hirst al provocatorio Maurizio Cattelan, per scagliarsi apertamente contro l’installazione di Anish Kapoor nella Basilica di San Giorgio, in corso a Venezia: artisti “imposti dalla mafia autentica dei mercanti, dai collezionisti che pagano e stabiliscono il valore di questo o quell’altro personaggio, il quale poi mette un soffione nella chiesa di Palladio e tutti «Che bello! Che bello!»: una cagata invereconda!”. Seppur con i suoi toni sempre un po’ sopra le righe, insomma, Sgarbi apre un tema importante, che mi sta molto a cuore: l’arte dovrebbe tornare ad avere un rapporto più stretto con la gente, non solo con gli addetti ai lavori, cito ancora Sgarbi: le persone “come hanno un parere sul cinema dovrebbero avere un parere sull’arte; se non hanno un parere sull’arte, è colpa dell’arte” perché l’arte “non deve essere degli specialisti, l’arte è per tutti”.

Celeste Aida

Pubblicato: 29 aprile 2011 in AcidaMente
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La copertina di uno storico libretto dell'Aida

La copertina di uno storico libretto dell'Aida

Ieri c’è stata la prima del Maggio Musicale Fiorentino: Aida diretta da Zubin Mehta, con la regia di Ferzan Ozpetek e la scenografia di Dante Ferretti. Diversi critici e musicologi l’hanno definita una scelta scontata, popolare, inadatta ad aprire uno dei cartelloni operistici più importanti d’Italia.

Questo è proprio il tipo di snobismo culturale che io non riesco a sopportare: tutto ciò che è amato o conosciuto da più di trenta persone viene automaticamente scartato dalla piccolissima élite che si arroga il diritto di definire cosa dovrebbe piacerci e cosa no. Questo, beninteso, non solo nel campo della musica, ma praticamente in ogni settore artistico. E così, se da un lato la maggior parte delle persone comuni vedono l’arte come qualcosa di sempre più distante e astruso, dall’altra parte ci sono gli intellettualoidi, quelli che per darsi un tono devono necessariamente elogiare l’opera sconosciuta del più remoto artista uzbeko e storcere il naso di fronte a qualsiasi cosa sia nota al grande pubblico.

Io penso che l’arte debba riflettere il gusto di un’intera società e non quello di un manipolo di critici e addetti ai lavori. E se La Traviata o la Carmen riempiono il teatro molto più de La Vestale di Spontini o de L’incoronazione di Poppea di Monteverdi, beh, un motivo ci sarà.

Mi dispiace, ma non ammetto che si snobbi Aida.